Sapete quante persone trascorrono il proprio tempo pensando al passato o preoccupandosi del futuro? Circa l’80%!
Quanti, invece, riescono a vivere nel presente? Solo il 20%. Ma ne siamo davvero sicuri?!…
Se questi dati stimati fossero veritieri, significherebbe che viviamo la quasi totalità della nostra esistenza tra le prigioni della nostra mente, attuando schemi di pensiero nocivi alla vita vera e sprecando il nostro tempo ed il nostro potenziale.
La “mindfulness”, tramite tecniche per il rilassamento muscolare ed esercizi di respirazione per la consapevolezza come la meditazione e lo yoga, mira a dare al soggetto che vi si approccia maggiore consapevolezza di ciò che è e di ciò che può apportare di positivo alla propria vita, scacciando i pensieri negativi in maniera naturale.
I “mindfulness coach” sono figure professionali che ci aiutano proprio in questo, per cambiare in meglio la nostra vita.
Per poter essere sicuri di non sprecare attimi della nostra esistenza non sfruttando appieno le nostre capacità, è necessario essere consapevoli del fatto che la maggior parte delle sofferenze che viviamo ce le costruiamo da soli; bisogna imparare a riconoscerle e a combatterle.
Di seguito, le maggiori psicotrappole di cui rischiamo essere succubi senza nemmeno accorgercene e le tecniche per venirne fuori. [Estrapolati da “Psicotrappole” di Giorgio Nardone]
Psicotrappole del pensiero:
- Inganno delle aspettative
Psicosoluzione: è necessario osservare la realtà osservando lo sguardo degli altri, non solo di chi è più vicino a noi, soprattutto è necessario non irrigidirci nella nostra prospettiva come se fosse l’unica e la migliore.
- Illusione della conoscenza definitiva
Psicosoluzione: bisogna imparare a tenere a bada la naturale propensione a rassicurarci tramite gli autoinganni consolatori, ovvero quello di rendere veritiero ai nostri occhi un qualcosa che sappiamo essere falso, solo perché è utile al nostro scopo.
Lo sento, quindi è: cosa significa? La maggior parte di noi ritiene le sensazioni una fonte indiscutibile di verità, portandoci a costruire convinzioni e a prendere decisioni senza alcun rigore analitico né prove empiriche.
Praticamente in un soggetto o in una situazione per il/la quale proviamo certe sensazioni, andremo a cercare solo le “prove” che confermano la nostra ipotesi.
Psicosoluzione: dobbiamo far lavorare insieme il “sentire”, il “capire” e “l’agire”. Bisogna imparare, attraverso l’esercizio costante, a padroneggiare e gestire le emozioni contrastanti che derivano dalle oscillazioni fra il percepire noi stessi e il mondo che ci circonda usando ragione ed intuizione come contrappesi mentali e la prova empirica come atto in grado di validare l’uno e l’altro.
- Pensa positivo
Gli autoinganni funzionano solo se esercitati inconsapevolmente.
Psicosoluzione: bisogna tenere a bada la tendenza a creare illusioni volontarie perché nel peggiore delle ipotesi l’effetto sarà: illusione-delusione-depressione.
- Coerenza ad ogni costo
Quando la coerenza si trasforma in procedura dogmatica, ci rende rigidi ed incapaci di adattarci in modo flessibile ai cambiamenti della realtà.
Si tratta di un effetto contro natura poiché mina il cardine fondamentale della sopravvivenza dell’evoluzione dei sistemi viventi, ovvero il principio di adattamento.
Psicosoluzione: imparare ad accettare le incoerenze altrui oltre alle nostre ed evitare di elevarsi a inquisitori degli altri e di noi stessi perché colpevoli di non essere coerenti.
- Sopravvalutare/sottovalutare.
Psicosoluzione: Confrontarsi spesso con gli altri riguardo ai nostri giudizi sulle persone verificando che a loro volta non mentano solo per ottenere il nostro appoggio o che non siano vittime dei nostri stessi autoinganni. Ricordiamo che
“la migliore prova di una teoria è la sua applicazione”
G. Lichtenberg
Psicotrappole dell’agire:
- Perseverare nell’errore;
- atteggiamento rinunciatario;
- mania del controllo;
- l’evitamento (evitare le situazioni a rischio ci conferma la nostra incapacità nell’affrontarle);
- rimandare (ci fa rendere conto di quanto siamo privi di spirito di iniziativa ed incapaci di agire in modo volontario);
- l’aiuto che danneggia (appoggiarsi sempre a qualcun altro ed incolparlo dei propri fallimenti);
- difendersi preventivamente (diffidenza negli altri provoca diffidenza nei nostri confronti. Come un boomerang ci si ritorce contro);
- socializzare tutto, rendere la propria vita un reality show (l’arte di tacere è di gran lunga più efficace del parlare – bisogna saper reggere il peso dei nostri problemi senza scaricarlo sugli altri, che è sintomo di maturità).
Psicotrappole con combinazioni patogene:
del fobico, dell’ossessivo, del compulsivo, del paranoico, del patofobico/ipocondriaco, del depresso, dell’insicuro cronico, dell’impotente e dell’anorgasmica, della bulimica, dell’anoressica, del vomiting.
Tutte queste patologie sono accomunate dal non saper gestire tutte insieme emozioni contrastanti di vario genere;
a tal proposito la “mindfulness” (consapevolezza) è un metodo innovativo e funzionale per mitigare il trattamento di emozioni nuove alle quali ci approcciamo per la prima volta.
Quando risultiamo essere insofferenti e “violenti”, molto spesso è perché non capiamo cosa stiamo attraversando e non riusciamo a trovare un modo per esprimere i nostri sentimenti.
La mindfulness è un percorso per arrivare alla percezione ed il riconoscimento delle proprie emozioni in un ambiente protetto dove potersi esprimere liberamente.
Essa desidera gettare le basi per una maggiore consapevolezza della propria intelligenza emotiva contribuendo così al miglioramento dell’esperienza personale,
dell’apprendimento e dell’interiorizzazione di saperi e significati grazie al coinvolgimento delle proprie risorse emotive;
è utile, inoltre, per sviluppare la capacità di relazionarsi a più livelli (corpo/mente/emozioni) in maniera tale da poter essere compresi e comprendere creando un atteggiamento di disponibilità, presupposto imprescindibile nell’atteggiamento di totale apertura all’altro.
Lo scopo di abbinare il metodo della mindfulness al mondo dello studio/lavoro, è quello di vivere questi ambienti come luoghi in cui riuscire a dare il meglio di sé nella nostra totalità dell’essere,
e cioè esprimendo tutte le proprie emozioni, comprese quelle che definiamo”negative” quali rabbia, paura, tristezza e disgusto.
Lo scopo finale di tutto il percorso è il raggiungimento di un maggior benessere con noi stessi ed all’interno di qualsiasi gruppo (di studio, lavorativo, di amicizia) riequilibrando gli eventuali eccessi o carenze energetiche e consentendo ad ognuno di manifestare in maniera efficace ed assertiva la propria presenza,
sempre nel rispetto dei propri confini e di quelli altrui,
utilizzando il canale verbale e corporeo come mezzi per esprimere le emozioni più autentiche senza inibizioni e di ridurre atteggiamenti di violenza, verbale e/o fisica nei propri e negli altrui confronti.
“Non è quello che siete che vi impedisce di avanzare, ma ciò che pensate di non essere.”
ANTISTENE (445-365 A.C)